giovedì 2 luglio 2015

Vita in Villa

Giacomo Leopardi tra memoria e poesia. La visita ai luoghi in cui soggiornò il poeta è stata un gran successo. Contrapposizione tra morte - quella di Leopardi che avvenne proprio il 14 giugno di 178 anni fa -  e la vita quella che si erge nei 'suoi luoghi' grazie alla partecipazioni di così tanti visitatori.
Nell'itinerario due dimore rese celebri da due autori: Villa delle Ginestre ove Leopardi scrisse La ginestra  e Il tramonto della Luna e Villa Marghieri ove Clotilde Betocchi Marghieri scrisse il romanzo Vita in Villa.
Le ville, poste a poche centinaia di metri l'una dall'altra, sono raggiungibili attraverso un suggestivo percorso nella campagna vesuviana.


Clotilde Marghieri

Negli anni Trenta, quando decide di trasferirsi in campagna, Clotilde Marghieri è una signora dell'alta borghesia napoletana che lascia con la città il mondo rassicurante dei salotti, i riti della vita sociale e la commedia del privilegio. Nella casa di Torre del Greco diventa scrittrice e proprio ad essa dedica la sua prima opera narrativa. 
Le storie che narra sono le piccole battaglie, i molti assilli quotidiani di una donna che in nome dell'indipendenza affronta un percorso solitario e faticoso. Tra passione e sdegno, distacco e partecipazione, l'autrice inventa per la sua Arcadia vesuviana uno stile che, intrecciando classico a parlato, trova i propri modelli nelle "correspondance" e negli "essay" del Settecento europeo.


Villa Marghieri - Torre del Greco

Pur essendo cresciuta nell'alta borghesia napoletana Clotilde lascia senza scrupoli il bel mondo privilegiato dei salotti per trasferirsi a Torre del Greco. La vita di campagna si rivelò una straordinaria esperienza, procurando tempo, solitudine e serenità necessari alla scrittrice dallo spirito sottile e dal sentire profondo. Nelle storie racconta la gente del Vesuvio, calda come il 'suo' Vulcano.





'Vita in villa è un libro pieno di sole. Ci sono dentro tutte le luci del giorno, il chiarore dell'alba e lo sfolgorio del mattino, i riflessi accecanti della controra.  Sopratutto, infocati o languidi, ci sono i tramonti sul golfo'.
Prefazione al libro  - edizione Avagliano


Clotilde Betocchi Marghieri
Clotilde Betocchi nacque a Napoli nel 1887, studiò a Firenze dove conobbe Bernard Berenson, con il quale intrattenne un ampio carteggio. Sposata nella città partenopea con Gino Marghieri, cominciò a scrivere nel 1935 su vari quotidiani, tra cui «Il Corriere della Sera», «Il Mondo», «Il Mattino», «La Nazione».
Da Napoli si trasferì nella sua abitazione in campagna alle pendici del Vesuvio, presso Torre del Greco. Nel 1939 si trasferì a Roma. Non mancarono altri soggiorni nella villa di campagna fino al 1963 quando fu definitivamente ceduta ad altri.
"Vita in villa" fu il suo primo libro pubblicato nel 1960 ed accompagnato da una lettera di G.B. Angioletti.

Altri suoi romanzi:
"Le educande di Poggio Gherardo" (1963), poi ripubblicato (1972) col titolo "Le educande", "Il segno sul braccio" (1970), "Amati enigmi" (1974).
Nel 1963 vince il Premio Sebeto e nel 1970 il Premio Villa San Giovanni.
Morì a Roma nel 1981. Nello stesso anno esce il carteggio "Specchio doppio (1927-1955)", dove sono pubblicate le lettere tra Clotilde e Bernard Berenson.

Su Panorama del 9 febbraio 1986 la giornalista Camilla Cederna la ricorda in un articolo dal titolo: “Una scrittrice da riscoprire”:
“Una donna che ho frequentato a Roma nel suo salotto di via della Consulta: grandi librerie con edizioni rare, mobili inglesi, rose, il rito del tè. E lei che, già anziana, sdraiata sul sofà con una coperta sulle gambe, giocava come sempre ad ammaliare gli amici con il fascino delle sue conversazioni, ad annodare sottili rapporti con persone di cui ammirava l'intelligenza. Di grande famiglia alto borghese napoletana, Clotilde doveva essere stata molto attraente...Belle gambe, lunghe.
Sensibili lineamenti aquilini, occhi neri e penetranti, una risata da ragazza che conservò fino agli ultimi giorni. Nell'esclusivo collegio fiorentino di Poggio Gherardo (vedi Le educande) imparò a leggere e a parlare alla perfezione il francese,il tedesco, l'inglese. Di una spregiudicatezza precoce, presto sposata e poi separata, visse indipendente incontrando persone famose, leggendo tutto il leggibile. E cominciò a far salotto, come si dice oggi, nella sua magica casa di Torre del Greco”

In sua memoria G.B. Angioletti scrisse:
 “… Lei ha saputo rappresentare con arte e con sapienza, come meglio non si poteva, quell’avvicendarsi di passioni e di avversioni che è proprio della gente del Vesuvio; questa gente che sempre ritorna alla propria calda, amorosa umanità, così come il Vulcano, dopo ogni furore, si ricompone nella sua stupefacente bellezza”.

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